Come nostro solito
cerchiamo di alzarci presto per vedere l’alba, che insomma, in albergo che si
chiama The View promette bene ma non siamo fortunati come la sera precedente
con l’arcobaleno perciò, mesti, ci dirigiamo in sala colazioni dove con calma
gustiamo la colazione Navajo, esclusa dal prezzo della camera, per altro.
Svolte le operazioni
di check out velocemente, si sa che i nativi non vanno tanto per le lunghe, ci
mettiamo in strada: destinazione finale Moab ma la giornata si prospetta invece
bella ricca di tappe intermedie.
Come prima sosta
fotografica, il programma prevede Mexican Hat, località poco distante dalla
Monument Valley e spesso presa in considerazione come base di appoggio per la
visita della valle. L’unica attrattiva è appunto il cappello da messicano: una
roccia che ricorda vagamente un sombrero.
Prima però di giungere a Mexican Hat
non possiamo non fermarci sul rettilineo più famoso del West: alle spalle, o di
fronte a seconda da dove la si guardi, la Monumet Valley, per fare un sacco di
foto più o meno serie!
Torniamo però al
programma del giorno: dopo queste due brevi soste puntiamo dritti al trittico
di Mexican Hat, un triplete di attrazioni paesaggistiche una meglio dell’altra.
Composto da Goosneck State Park, Muley Point e Valley of the Gods, del quale mi
sono innamorata.
Il primo è un parco
statale, richiede perciò un pedaggio non incluso nell’annual pass e l’attrazione
principale consiste in un view point su una doppia ansa che il fiume San Juan
compie proprio sotto lo strapiombo.
Una specie di Horseshoe band più piccolo e
moltiplicato 2. Muley Point, invece, è un meraviglioso balcone che affaccia
sulla Monumet Valley. Per raggiungerlo bisogna arrampicarsi con l’auto su per una
stradina sterrata e un po’ esposta ma direi nulla di infattibile. Da lassù però
il panorama è da triplo WOW. Personalmente lo potrei paragonare a qualche bel
panorama di Canyonlands, che vedremo tra qualche ora.
La Valley of the
Gods invece è stata una rivelazione. Una piccola Monumet ma senza il macello di
gente che invece si trova nella valle più famosa. Non un auto incrocia in più
di un ora di cammino.
In compenso abbiamo avuto la fortuna di notare, proprio
in mezzo alla strada, una bella, grande e pelosa tarantola. Terrorizzati l’abbiamo
fotografata da modeste distanza e abbiamo poi cercato di farla spostare a bordo strada per evitare che qualcuno la
investisse, senza esito. La poverina, forse più spaventata di noi non si è
mossa di un palmo e noi di andarle vicinissimi a spingerla proprio non ne
avevamo intenzione.
Al termine di questa
magnifica strada dai panorami memorabili ci siamo rimessi sulla UT 163
direzione Moab. Breve sosta ad un info center per sincerarci sulle condizioni
meteo e stradali e ci dirigiamo a Canyonland, uno dei miei parchi preferiti.
Emma addormentata sul sedile posteriore inizia a dare segni di malessere che
più o meno volontariamente ignoriamo.
Come primo approccio a questo immenso
parco ci fermiamo a Dead Horse Point State Park per ammirare il paesaggio. Qui è
stata girata l’ultima scena del film Thelma e Louise, quella in cui le due
amiche decidono di buttarsi con l’auto per sfuggire alla polizia. Non mi
ripeterò dicendo la meraviglia che si prova e trova affacciandosi su questa
immensità.
Emma nel frattempo ci attende in auto, scopriremo poco più tardi,
febbricitante.
Essendo però una piccola faina da viaggio non si lamenta e,
determinata come non mai, va al visitor center a chiedere info sul programma
Junior Ranger che purtroppo non riuscirà a terminare per questioni di tempo. Allunghiamo
fino a Mesa Arch per qualche foto, peccato solo che ci sia foschia e un po’ di
pioggerellina.
L’obiettivo della
giornata però è portare a casa lo Shafer Trail e Potash road, magari con
deviazioni a Musselman Arch, se il tempo tenesse. Ripassiamo dal Visitor Center
per capire la situazione last minute della strada e, ricevuto l’ok del ranger,
ci buttiamo giù per l’avventura. L’idea che mi ha dato lo Shafer Trail dall’alto
è un po quello dei gironi danteschi: ripidi e sempre più stretti.
Capiremo ben
presto che questa però non è la parte complicata della faccenda. Giunti al
bivio tra Potash e la White rim road ci facciamo coraggio e, pensando che non
torneremo presto in queste zone, deviamo per la White rim fino appunto al
citato Musselman Arch.
La pioggerellina continua a cadere, fina ma incessante e
un po’ rompiballe, direi al punto che dopo qualche foto ci risediamo in auto e
facciamo retrofront verso la Potash Road. E qui viene il bello: tutti i guadi
sono “asciutti” forse meglio dire secchi ma la roccia esposta tutt’altro
facendo si che, come si dice a Spezia diventi bella “lepegosa”, scivolosa per
capire. Il nostro Cherokee non è 4WD e il Faina si divertirà non poco a
portarci fuori da li. Ci fermiamo per una sosta foto nei pressi di un ansa del
fiume Colorado, la solita visibile dal dead horse point, situato proprio sopra
la nostra testa, ma da quaggiù non pare più di essere in Usa: la fitta
vegetazione lungo il fiume mi ricorda di più quelle foto che spesso si vedono
del Sud-Est asiatico.
Duesto punto in poi la strada si fa più semplice e
quando raggiungiamo la vasche blu di potassio siamo praticamente usciti da una
delle strade più belle mai percorse. Incrociamo anche il bivio per il Corona
Arch ma non possiamo più ignorare che Emma non stia bene, in più inizia a far
sera meglio è tornare a Moab per cercare il nostro Kokopelli Lodge, alberghino
carino, sporchetto a dirla tutta, senza colazione ma tutto sommato non troppo
caro.
Per cena decidiamo
di restare vicini all’albergo e scegliamo il Moab Diner con classici hamburger
e patatine. A letto prestissimo previa Tachipirina… siamo a 39 di febbre!
SPESE
DI GIORNATA
Colazione
19$
Benzina 20 $
Mc Donalds 15$
Goosneck State Park 5$
Dead horse point SP 10$
Pernottamento Kokopelli 89€
Moab
Diner 40$
City
Market 37$
TOTALE
SPESE DI GIORNATA
252$
TOTALE
SPESE VIAGGIO
€ 5826,46